Centro Per il Rimpatrio a Ventimiglia, “CPR sono i lager del 2021” progetto20k

Balde Moussa

Da qualche settimana, il sindaco di Ventimiglia Gaetano Scullino fa l’occhiolino alla proposta di aprire un Centro Per il Rimpatrio nella periferia cittadina, presentata dal deputato leghista di Ventimiglia Flavio Di Muro alla Ministra dell’interno Luciana Lamorgese.

La notizia causa sgomento, specie a pochi mesi dalla tragica scomparsa di Moussa Balde, ventitrenne guineiano che si tolse la vita per le condizioni inumane in cui era costretto dalla detenzione proprio in un CPR, quello di Torino, dove era stato rinchiuso in attesa del rimpatrio forzato.

La motivazione?

Moussa, dopo essere stato aggredito e malmenato per le strade di Ventimiglia da tre persone armate di bastoni che lo accusavano di un furto di cellulare (tutti incriminati per lesioni), era stato ricoverato in ospedale per pochi giorni e poi trasferito al CPR perchè aveva i documenti scaduti e un decreto di espulsione. Insopportabile per lui la notizia del rimpatrio, la reclusione nel Centro, il dolore e la solitudine prima di una fine tanto ingiusta da sembrare inspiegabile.

Eppure niente di tutto questo ci sorprende. Di Muro stesso argomenta che il CPR sarebbe uno strumento “per aiutare i cittadini di Ventimiglia” e non per “risolvere il problema globale della migrazione”.

Tradotto, la proposta del deputato non è altro che un’operazione di maquillage tesa a nascondere la polvere sotto il tappeto, per guadagnarsi i voti di una cittadinanza anestetizzata alla solidarietà con le persone in transito lungo la frontiera.

Rinchiudendole in un centro di detenzione arbitraria, la lega e i suoi rappresentanti ventimigliesi sperano di lavarsi le mani dalla gestione dei flussi di uomini, donne, minori non accompagnati e famiglie che, respinte dal più potente vicino francese, finiscono per le strade della città, e lì mangiano e dormono, senza garanzia di accesso a docce e servizi igienici, cure mediche e supporto legale.

L’avvocato Veglio (ASGI, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) ha definito il CPR come “un carcere di massima sicurezza [in cui le persone, diversamente dal carcere sono private] di uno status giuridico”.

Anche nel rapporto del garante nazionale per i diritti delle persone detenute o private della libertà personale Mauro Palma, realizzato dopo un anno di osservazione delle condizioni dei 10 CPR sparsi sulla penisola (2019-20) si legge che: La detenzione amministrativa assume nella prassi i tratti di un meccanismo di marginalità sociale, confino e sottrazione temporanea allo sguardo della collettività di persone che le autorità non intendono includere, ma che al tempo stesso non riescono nemmeno ad allontanare”.

I prigionieri dei CPR sono forzati a vivere senza diritti in un ambiente militarizzato h24, dove non ricevono cure mediche adeguate, nell’esposizione costante a diversi tipi di violenza e per ragioni che, come dimostra il caso di Moussa Balde, sono più legate al colore della loro pelle ed alla loro classe sociale che non alla gravità di eventuali reati da loro commessi.

La funzione storica di questi centri è quella, appunto, di confinare i cittadini stranieri provenienti da Africa e Medioriente in ambienti separati dalla comunità residente, con l’obiettivo di impedire il loro radicamento nel Paese di arrivo ed in aperta violazione dei diritti umani di cui l’Europa si spaccia per garante universale.

A Di Muro, Scullino ed i loro camerati diciamo che la migrazione è un fenomeno strutturale radicato nell’intera storia dell’umanità, reso problematico dalla scelta tutta politica di chiudere le frontiere sulla base di criteri razzisti, come succede a Ventimiglia.

Ma chiudere le frontiere non basta ad arrestare il movimento umano, sospinto da istinti naturali come quello alla sopravvivenza ed alla felicità. Le persone continueranno a giungere sul nostro continente, avendo in mente le destinazioni più disparate.

Invisibilizzarle attraverso la reclusione a tempo indeterminato (meno del 50% delle persone trattenute nei CPR sono state effettivamente rimpatriate nel corso dell’ultimo anno) non rappresenta una strategia di gestione di questo fatto umano, ma una misura neo-fascista di cui sono documentate le violenze sistematiche.

I CPR sono i lager del 2021.. progetto20k

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